Il racconto la Schiusa

di Giorgia de Cristofaro

Viola aveva bisogno di quella spiaggia e di quel mare per portare a termine la sua ultima missione d’amore. Si fece dare le chiavi di una suite con doccia e una tenda che fosse il più possibile vicina al mare. Si mise il costume, lasciò tutta la sua roba, a eccezione del libro che stava leggendo, e si andò a stendere al sole. Da un lato le Alpi Apuane disegnavano il cielo con la loro orgogliosa e antica bellezza, dall’altro i tetti a capanna ricoperti di erba disa africana decoravano il luccicante mare della Versilia. E finalmente al suo fianco un pulsante da poter spingere per farsi prendere cura di lei.

Anche Lucio aveva avuto bisogno di quel luogo per soddisfare la sua profonda necessità d’amore. Sentì il campanello e avvertì il personale che sarebbe andato lui a prendere le ordinazioni in spiaggia. Adorava il contatto con i clienti, si sentiva così complice del loro benessere.

Viola lo vide arrivare e si stupì: non l’aveva mai visto lì, prima di allora.
– Buongiorno, cosa posso portarle?
– Vorrei del karkadè, quello che prepara la proprietaria. A proposito, sa dov’è? Volevo salutarla. Di solito lei e il marito sono le prime persone che mi accolgono quando arrivo qui.
Lucio le sorrise.
– È la prima volta che viene, quest’anno?
– Purtroppo sì, ho avuto molto da fare.
– Per questa stagione avrò io l’onore di gestire il Malù. Loro sono partiti per qualche mese.
– E dove sono andati?
– Nessuno lo sa. Hanno detto che partivano alla scoperta di un nuovo “posto segreto”, per festeggiare il loro cinquantesimo anniversario di matrimonio.
– Capisco… Auguri, anche se mi spiace di non averli salutati.
– Torneranno. L’amore conosce la strada. Intanto abbiamo scorte di karkadè per l’intera stagione, quindi glielo porto subito. Con o senza ghiaccio?
– Senza. Grazie.
Lucio si allontanò con una strana sensazione in corpo.
Viola pensò che avrebbe dovuto chiedergli quel che doveva.
– Ecco il karkadè, con tutto il suo profumo e il suo sapore.
– Grazie.
– Posso fare altro per lei?
– Sì, potresti fare qualcosa per “me”. Mi chiamo Viola.
– Piacere, Lucio. Dimmi tutto, Viola.

Lucio si sedette sulla sedia in legno, impaziente di ascoltare cosa avesse da dirgli quell’insolita e lentigginosa biondina.
Viola era contenta di poterne parlare con lui. I suoi capelli brizzolati, la sua pelle imbrunita dal sole e scavata dalla salsedine, la sua pancia appena pronunciata e le sue mani grandi e forti la rassicuravano.
– Vorrei prenotare una cena romantica. Una di quelle che si fanno sotto la capanna africana, in riva al mare, al tramonto, con quel menu fantastico che ho letto una volta. Io non ho mai fatto una cena romantica. Si organizzano ancora, qui, le cene romantiche?
– Certo. Devi solo dirmi la data.
A Lucio non era piaciuto scoprire che Viola fosse impegnata, ma non lo diede a vedere.
– Il 21 giugno, possibilmente, per il solstizio. Dal tramonto in poi. E avrei bisogno della massima intimità e riservatezza.
– Di sera, qui, ci siamo solo io e il personale. È una delle caratteristiche di questo posto. I proprietari me lo hanno affidato perché sono uno di famiglia e sapevano che avrei rispettato i loro valori e le loro scelte con tutto me stesso.
– Ok, grazie, allora ci vediamo il 21. Per il menu basta che sia a base di pesce, per il resto fai tu.
– Grazie per la fiducia. Prima di andare ti consiglio di fare un bagno nella piscina privata; l’acqua di mare scorre ed è già calda, un bell’idromassaggio ti farà dormire meglio stanotte.
Viola ebbe un brivido.
Lucio anche.

Viola era una biologa marina piena zuppa d’amore. Era stata lasciata dal suo fidanzato esattamente un anno prima, alla vigilia del loro matrimonio. Lui aveva improvvisamente realizzato di non aver voglia di condividere con lei quel tipo di vita. Il mare d’inverno gli metteva tristezza. Anche tutti quegli animali malati di cui lei si circondava gli mettevano tristezza. Lui era uno scrittore e presto il mondo se ne sarebbe accorto. Ma se fosse restato in quello sperduto paesino della Versilia, tra quelle poche anime, nessuno si sarebbe accorto di lui. Si sarebbe trasferito a Firenze. Lì si sarebbe fatto notare. E avrebbe trovato il modo di farsi aiutare.
Lucio era arrivato al punto di preferire i luoghi alle persone. Aveva lasciato Firenze perché non ne poteva più della vita da manager. Aveva chiesto a sua moglie, una giornalista affermata molto conosciuta in città, di seguirlo nell’avventura estiva della gestione del Bagno Malù, un lido a 5 stelle tra i più belli della Versilia. Il più bello, secondo lui, con tutti quei colori indelebili alla vista e quei profumi che impregnavano a vita corpo e mente. Ma lei non ne aveva voluto sapere di lasciare i salotti fiorentini. Erano ancora sposati, ma, a detta di amici comuni, lei stava frequentando un uomo più giovane che veniva dalla provincia e la stava usando per riuscire a pubblicare un libro.

Quel 21 giugno era perfetto. Il cielo terso incorniciava da un lato la costa rasserenante di Livorno, dall’altro le sorridenti insenature delle Cinque Terre; al centro, il sole rosso del tramonto intersecava il fuoco passionale del giorno con la fresca tenerezza della sera. In riva al mare tutto era pronto.
Lucio aveva deciso che non avrebbe servito al tavolo. Non aveva voglia di vedere Viola festeggiare un romantico anniversario con il suo compagno. Quella ragazza un po’ più giovane di lui con quella treccia bionda, le sue lentiggini, il suo corpo robusto ma minuto, i suoi occhi verde intenso e il suo intrigante sorriso pieno di segreti lo avevano colpito. Ma non la voleva quell’emozione. Era inutile. Si chiuse in cucina a preparare con lo chef.

Se non lo avesse fatto avrebbe visto Viola scendere da una jeep, vestita da piccola esploratrice, completamente sola. L’avrebbe vista trascinare dietro di sé una grande cassa di legno, piena di fessure, montata su un carrello che le consentiva di trasportarla agevolmente lungo la passerella che conduceva al mare.
Lucio era chiuso in cucina, con la testa china sul cibo per tenere ingabbiato il cuore.
– Che strana quella ragazza. È venuta da sola.
Alzò la testa di scatto e guardò la cameriera negli occhi.
– Sola? Sei sicura? E non aspetta nessuno?
– Non credo, ha già mangiato la tempura di gamberoni e le crudités di pesce e ha già bevuto due bicchieri di champagne. Ma la cosa più strana è che accanto al posto vuoto ha messo una grande cassa di legno e ogni tanto c’infila dentro dei pezzetti di pesce…
– Servo io i ravioli agli scampi.
Lucio le servì il primo. Senza dire una parola. E anche il secondo: una meravigliosa catalana alla maldiviana, un’opera d’arte a base di frutta, verdura e crostacei.
– Berresti un bicchiere di vino con me? È un peccato non condividere questo vino bianco così buono.
– Hai ragione, un vino che si chiama Virgola ha bisogno di una parola accanto.
Lucio si sedette, mangiò e bevve insieme a lei a lume di fiaccole e candele.
Viola era felice, ma doveva ancora portare a termine la sua missione d’amore.
La cassa faceva rumore, e come si agitava! Lucio la osservò, tra il curioso e l’apprensivo.
– Il tuo compagno s’è comportato male al punto di meritare questo? – scherzò.
– Si è comportato talmente male che non meriterebbe di stare in questo posto neanche rinchiuso lì dentro.
Risero. La sera aveva definitivamente spodestato il giorno più lungo dell’anno. Le stelle cantavano pulsando più o meno luminose. Terminato anche il dolce dal cuore morbido di cioccolato, Lucio e Viola brindarono con un bicchiere di zibibbo.
– È ora. - disse lei, alzandosi.
– Devi andar via? – chiese lui, seguendola.
– Io no.
Viola trascinò la cassa vicinissima al mare che avanzava e si ritraeva calmo, accogliente e caldo. Si tolse le scarpe; Lucio fece altrettanto. Sganciò un chiavistello e lasciò che lo sportello si aprisse. Passarono i secondi interminabili che separano l’emozione dall’attesa.
Per prima spuntò una grande zampa squamosa, poi un’altra e poi la testa grande e allungata sul collo curioso. Infine, il maestoso carapace si trascinò dietro tutto il resto del corpo.
Viola si accucciò accanto alla tartaruga, l’accarezzò e iniziò a sussurrarle:
– Vai amica mia. So che ti stavi ammalando perché vuoi che le tue uova si schiudano sulla stessa spiaggia in cui sei nata tu. In mare ci sono tanti pericoli, ma niente è peggio di lasciarsi morire di nostalgia. Torna a casa e regala la vita ai tuoi piccoli. Vi amo infinitamente.
La grande tartaruga allungò il collo ancora di più, come se avesse capito e stesse godendo di quel gesto d’amore. Poi raggiunse velocemente il mare e si tuffò nelle onde, lieve come una nuvola nel cielo.
Viola raggiunse Lucio e gli strinse la mano, mentre lui le stava spalancando il cuore. La videro sparire nel buio del mare seguita da una scia brillante di mille scintille; forse era plancton o il riflesso delle stelle o solo magia.
Perché l’amore conosce la strada. Sempre.

autrice Giorgiade Cristofaro

Giorgia De Cristofaro

Clio Petazzoni

“Mamma? Mamma, sono pronta, ho finito, mettiti il costume, ti aspetto in piscina, ho preso io gli asciugamani”.
Con passo lento entro nella zona della grande piscina idromassaggio, il posto più privato e intimo dello stabilimento balneare di cui sono proprietaria nella bella Riviera Apuana. Io lo chiamo il ‘mio posto sereno’ perché il sommesso rumore dell’acqua in movimento, la grande palma nel mezzo della piscina, il verde che mi circonda, la cornice delle Apuane mi immergono in quella bella natura dove posso stare sola con me stessa.
Il mio pensiero vola, non ha confini, sa stare lì nascosto in quel luogo paradisiaco, ma sa anche andare lontano, sa ricordare, sa creare e immaginare.
La mia mente è la mia compagnia e sto bene con lei perché sogna, sogna sempre, di notte quando dorme ma anche di giorno se non la tengo a freno.
È come un palloncino con un lungo filo che mi vuole scappare dalle mani e mi vuole portare con sé. Non le interessa cosa stia facendo, se io sia sola o in compagnia, lei vuole fuggire per rincorrere un ricordo che è apparso per un attimo nei miei pensieri e portarmi via con lei per rivivere quei momenti non da spettatrice ma di nuovo da protagonista o da interprete di un mondo dove non sono ancora stata (…)

tratto da “Aspettando Natale” di Clio Petazzoni